Non siamo alla corte di Francia del seicento ma al vernissage dell’artista poliedrico Oronte. Fra risate perfide, pettegolezzi impastati di spritz e l’ennesimo ballo selezionato dal dj in sala, si susseguono le false promesse d’amore dell’affascinante Celimene all’innamorato Alceste, parole che dicono il contrario di quello che intendono, adulazioni di convenienza. E come quelle opere esposte nella scenografia, sotto la cui aura concettuale si nasconde il nulla, così sembra succedere anche ai personaggi, che svelano l’impietosa superficialità di una vita costruita sull’apparenza. Tutto con Il Pubblico situato al centro della scena, spettatore muto ma centralissimo di una scena di vita in cui può solo osservare – osservandosi – questa fauna di uomini e donne che con fare snob e borghese si studiano, analizzano e recitano tra di loro la parte più congeniale che possa sopravvivere e trionfare in società.